mercoledì 17 giugno 2009
lunedì 1 giugno 2009
La scelta di ciò che si è
Ho perso l'io dentro la coscienza dell'essere
E la conoscenza mi ha reso critico
Tra il brivido che sentivo trascendere
E l'involontario risultato empirico.
Depurandomi d'ogni preconcetto acquisito
Mi son trovato in un vuoto sconosciuto
In cui l'apprendere m'è parso squisito
Rigirando ogni inverosimile pensiero compiuto.
Partendo da un distillato di verità
E ragionando sulle sostanze che lo compongono
Mi ritrovo a sorseggiare l'essenzialità
Mondata di quelle leggi che la impongono.
Di lì a poco ogni confine mi si evidenzia
E nel dubbio se unire o dividere ancora
Abbandono una giustificabile inerzia
Interpretando il tempo che mi sfiora e svapora.
Ma il tempo è soltanto una mia cognizione
Solo io so rimettere il mio orologio
Muovo gli ingranaggi di questa convinzione
Percepita in totale assenza d'elogio.
Così misurandomi in quanto esistente
Reclamo all'unicità un altro bisogno
Il bisogno d'un altro essere mi è impellente
Chi può evidenziarmi ciò di cui mi vergogno?
Relaziono con il prossimo come con me stesso
Arrivando a ribaltare alcune certezze
Fino a trovarmi irrimediabilmente compromesso
Stretto tra delicati morsi e violente carezze.
Confuso dagli eventi cerco di assestarmi
Elaborando l'abito d'un mistico candore
Ma più strofino più smeriglio nel rassettarmi
Più m'ingrandisco la macchia dell'errore.
L'autoconstatazione degli errori soggettiva
Può risultare una pericolosa pratica
Aggravando il vulnerabile nel rendersi oggettiva
Rischia di darti immagine d'indecorosa etica.
Sarò forse l'essere che il mio pensar produce
O forse l'idea a cui l'altro vuol dar forma
L'unica cosa certa è che tutto quanto induce
Ad attirare o disperdersi senza alcuna norma.
(SanLuca)
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